Foto reperita su Cultura Barocca
Un paio di settimane fa, ricevetti una mail da parte della redazione di Cultura Barocca con una precisazione:
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....... la forchetta tridentata [come il menù scritto nei ristoranti - cauponae] era ben nota ai Romani di epoca imperiale anche se non comune, come si evince soprattutto dagli scavi in Ungheria ed Austria (Retico e Pannonia). Uno strumento peculiare che attesta un servizio da viaggio di posate è questo
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Questa precisazione è stata fatta ad un mio post del 6 maggio 2009 in cui parlavo delle origini della forchetta questo.
Andando a leggere la pagina segnalata non posso nascondere di essere rimasta senza parole.
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Il SERVIZIO DA VIAGGIO del Museo intemelio fu trovato nel 1917 dall'archeologo P. Barocelli nella tomba 145 della necropoli di Albintimilium e l'immagine è tratta dal volume di B.DURANTE-M.DE APOLLONIA, Albintimilium antico municipio romano, Gribaudo [oggi Paravia-Gribaudo], 1989.
Dai tempi della scoperta vari ricercatori giudicarono l' "attrezzo" un unicum, "indice di un eccezionale progresso tecnologico dei Romani": un livello tecnologico che forse attualmente né la storiografia né l'archeologia hanno ancora determinato nei veri contenuti (basti pensare, a modo d'esempio alternativo, all' impensabile tecnologia rinvenuta tra i RELITTI DELLE NAVI DEL LAGO DI NEMI)
A livello di riflessioni scientifiche ed antiquarie si impongono alcuni interrogativi: fattura e tipologia dello strumento comportano problemi non semplici.
Secondo le fonti letterarie il "servizio" urta con la tradizione che data al XIII sec. la diffusione della forchetta, attribuendo ai Romani solo quella del cucchiaio.
La tecnica di fusione, il meccanismo di oggetti ruotanti su perni di per sè paiono stridere con l'interpretazione antiquaria e il livello tecnologico che si ritiene sia stato raggiunto durante l'Impero.
Però il "servizio" fu scoperto in una tomba intatta del I-II sec. d.C. da uno studioso serio, che non suppose manipolazioni di tale sito archeologico.
Una mente geniale di un artefice eccellente avrebbe forse potuto forgiare un oggetto tanto prezioso che sembrerebbe comportare ingegnosa committenza e preciso progetto: la relativa insignificanza del restante corredo funerario si scontrava con la ricchezza del "servizio in argento", che, di per sé, sarebbe stato espressione di eccelso stato sociale.
L'urto fra tante considerazioni ha suggerito varie ipotesi: da quelle "conservatrici" (che l'oggetto per la preziosità sia stato voluto nel corredo funebre dal defunto che potrebbe averne fatto un "monumento" della sua condizione sociale) a quelle "mediane" e "rivoluzionarie" (che sia stato celato per varie ragioni, come un furto non completato, in una tomba già nell'antichità, e al riguardo esiste a Ventimiglia una vaga leggenda, oppure che vi sia stato nascosto più tardi quando almeno la "forchetta", non il meccanismo che si presenta nel moderno aspetto di congegno "multiuso" da sopravvivenza, era di uso comune).
Affermare senza infiniti controlli la genuinità romana dell'oggetto equivale a sostenere una realtà tecnica del Primo Impero di impressionante potenza sociologica e dirompente sotto il profilo dell'arte, dell'oreficeria, della tecnologia imperiali (cosa quindi di rilevanza internazionale).
Chi scrive queste note, tuttavia, è favorevole a sostenere l'AUTENTICITA' dell'oggetto, sulla linea, sempre più comprovata da altre scoperte straordinarie che la storiografia e l'archeologia vanno portando avanti.
Peraltro in questo caso non vale l'ipotesi che, come contro G. Rossi l'archeologo scopritore di Ventimiglia romana, anche a scapito del Barocelli esistessero denigratori capaci di fargli trovare oggetti romani, onde ottenerne una giustificazione scientifica da produrre, quale certificato di autenticità sul mercato antiquario, a vantaggio dell'oggetto poi trafugato rubato all'archeologo: per il Rossi l'ipotesi non è ingannevole, visti i suoi scontri con alcuni scorretti antiquari, anche se rimane macchinosa nella ricostruzione proposta, ma nel caso del Barocelli sarebbe un assurdo in quanto l'eccezionalità del reperto lo indusse a porlo sotto una tutela continuata inviolabilmente nel tempo.
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A questo punto mi è sembrato doveroso pubblicare un altro post con le relative fonti a integrazione di quanto già scritto.
Il mio modesto parere, da non addetta ai lavori, non ha alcun valore, mi piacerebbe invece avere l'opinione dei miei lettori più accreditati.
Di una cosa sono convinta, la forchetta prima di diventare un oggetto facente parte degli usi quotidiani ha dovuto aspettare molti secoli........
La tesi sembrerebbe avvalorata da un reperto archeologico esposto presso il Museo di Ventimiglia...
RispondiEliminaPost interessante, Rob!
La Storia è meravigliosa perché ogni giorno ci sottopone interrogativi e ci spinge a rivedere le nostre idee.
RispondiEliminaNon conoscevo questo reperto, indagherò per quel che posso, anche perché non so se vi siano documenti dell'epoca che attestino quel reperto essere adibito all'uso che noi intendiamo forchetta o viene indicato in altri modi: sconosco e non posso interagire.
Desidero apportare una considerazione venuta fuori qualche giorno fa in una "riunione" locale fra storici e storici dell'arte in cui si discuteva sul seguente questito: Como posso essere sicuro che il mio lingaggio sarà compreso fra 300-500-700 anni, quando non sappiamo realmente il vero significato dei pittogrammi e dei geroglifici, e via dicendo? Cosa volevamo realmente comunicare?
Ecco, allora mi domando: chi mi dice che un dato oggetto di mille anni fa abbia lo stesso uso che attribuiamo oggi? (Parlo in generale, non solo dell'ipotetica forchetta romana.)
Il tutto semplicemente per riflettere, null'altro!
Buona giornata.
Rino.
Roberta, sta forchetta fa impressione. cos, al primo sguardo sembra una bomba.Grazie per questo post,ora so qualcosa in più grazie a te.
RispondiEliminaBacioni.