mercoledì 28 ottobre 2009
La distruzione del castello di Dolceacqua, 1746
Il castello di Dolceacqua mi affascina, mi immagino la sua maestosità nei tempi in cui i Doria erano i padroni indiscussi di queste terre.
La sua figura attira la mia attenzione quando sono a Dolceacqua, e sempre mi affascina.
La sua distruzione è il frutto di una guerra avvenuta a metà del 1700, il 15 maggio del 1746 si profilava la definitiva distruzione del castello di Dolceacqua ad opera delle truppe franco ispane che avevano posto le loro batterie presso il santuario di N.D della Muta, a S. Giorgio e a Colle Bottone. Il 27 maggio il Conte Rivaira comandante delle truppe dei Savoia alleate con gli austriaci, decretò la resa.
Le sorti favorirono successivamente gli austro -sardi, che nell'ottobre 1746 si rimpossessarono di tutta la val Nervia respingendo le truppe franco ispane..
Dopo la pace di Aquisgrana nel 1754, i discendenti dei Doria poterono riappropriarsi dei loro beni.
In quegli anni il castello era sede del Tribunale, delle carceri e alloggio del soldato di giustizia ma ridotto a rovina.
Non essendo in grado di recuperalo per mancanza di fondi fu abbandonato alla sua sorte.
Non si hanno notizie dell'uso del castello durante il transito nel 1794 di Bonaparte e del generale Massena e della Marchesa Teresa Doria Bonaroti che furono ospitati a Dolceacqua durante il transito delle truppe in Val Nervia dirette all'assedio di Saorgio.
A porre fine al lungo arco vitale del castello già duramente provato dagli avvenimenti bellici del XVIII secolo, contribuì senza dubbio, il grave terremoto del 23 febbraio del 1887 che danneggiò le strutture superstiti.
A volte porsi delle domande ci fa capire meglio il luogo in cui viviamo.
Sarà perché, non sono nativa di questa terra ma, la amo visceralmente, sono attratta da tutto, mi sento in dovere di cercare delle risposte riguardo a ciò che i miei occhi quotidianamente ammirano...
Da Cultura Barocca
[...]
La DISTRUZIONE DEL CASTELLO di Dolceacqua, nonostante i diversi assedi patiti nei secoli, risale al periodo della guerra di successione al trono imperiale austriaco di metà '700 quando, nell'ambito di questo conflitto europeo e coloniale, il fronte occidentale assunse un rilevo straordinario nella contesa tra le armate congiunte di Francesi e Spagnoli, [per cui Ventimiglia medievale divenne in vari momenti una sorta di fronte avanzato e fortificato] protette sulla costa ligure dalla flotta inglese, e gli eserciti di Austria e Piemonte (Regno di Sardegna) i quali, dopo varie difficoltà, avrebbero realizzato e controllato un vasto sistema di fortificazioni che procedeva dal pignasco, si potenziava sulle alture di Dolceacqua e si estendeva verso la foce del Nervia [entro cui eressero postazioni di batterie, realizzandovi anche un "bastione militare detto di S.Pietro" e le cui sponde collegarono per via di un ponte ligneo, disposto sfruttando certe isole nel torrente, che permetteva loro di stare in contatto con la ridotta Guibert, l'agro dei Piani di Vallecrosia ed i quartieri militari di Bordighera] il Campo di Nervia ove [a causa di tonnellate di sabbia trasportata per secoli dal vento e poi per i ripascimenti di un vasto terreno agricolo divenuto verso metà del XIII sec. Prebenda del Capitolo della Chiesa Cattedrale di Ventimiglia medievale] stavano sepolti i resti della Ventimiglia romana.
Dal piano del Campo le fortificazioni austro-sarde giungevano sin alla loro testa di ponte ricavata nel fortificato (tra 1746-'47) Convento di S. Agostino nell'attuale sito di Ventimiglia moderna mentre altre fortificazioni, nel pieno della guerra e dopo le grandi opere di edilizia militare portate avanti dagli austriaci, si ramificarono ovunque provenendo dall'area del Convento di Dolceacqua e seguendo antichi tragitti, provvisti di complessi bellici di difesa o di attacco snodantisi fin al sistema montuoso minacciosamente gravitante su Ventimiglia di Maure/Siestro/S.Giacomo e già usato ai tempi della conquista genovese della città.
Nei primi anni della guerra, ai tempi dell'avanzata dei Francesi e degli Spagnoli, che facilmente conquistarono Ventimiglia [a scapito delle forze nemiche ma anche della repubblica di Genova, ambiguamente neutrale quanto strategicamente importante, soprattutto indifesa e con un Dominio destinato ad esser percorso più volte da eserciti stranieri in guerra da loro e causa di danni gravissimi] il GENERALE SPAGNOLO MARCHESE LAS MINAS fu il vero "DISTRUGGITORE" del CASTELLO DI DOLCEACQUA che costituiva ormai un sistema fortificato del tutto superato e rispondente piuttosto ai criteri bellici del rinascimento.
Esso era difeso mirando infatti soprattutto alla protezione del ponte sul fiume e non delle colline circostanti. Sui bastioni si potevano contare tre cannoni in bronzo, due "sagri" o "colubrine" (armi tipiche del XVI secolo che sparavano palle in ferro del peso di 12 libbre), un mortaio, quattro spingarde calibro 15.
Gli uditori generali sabaudi prevedendo degli attacchi a questa principale difesa del Marchesato avevano fatto dotare il castello di artiglieria pesande provvedendo pure all'eliminazione dei loggioni rinascimentali sì che il bel maniero era di fatto divenuto una fortificazione in cui avevano sede anche le aule del tribunale, delle carceri e dell'autorità sabauda come è annotato alla nota 23 di p. 67 del volume MARCIANDO PER LE ALPI....
Forte del suo ruolo di comandante dell'armata spagnola, per dare ai nemici in ritirata una prova d'efficienza bellica (mentre si dava con 3670 soldati iberici al loro inseguimento sin alla sabauda ONEGLIA che prese ma dove però gli Austro-Sardi lo fermarono tenendo ben saldo il controllo dell'entroterra) il Las Minas il 7-V-1744 ordinò ad una colonna di 800 uomini (forniti di una moderna ARTIGLIERIA DA CAMPAGNA), proveniente da Sospeil, di calare su Dolceacqua e prenderne, anche distruggendolo, il castello a guardia della via del Nervia e difeso da una guarnigione di piemontesi al servizio del Sabaudo Conte Rivara [il Marchesato di Dolceacqua abbandonata una politica ambigua che lo collocava tra Genova, cui per tradizione appartenevano i Doria, ed il forte Stato Piemontese dei Savoia in espansione verso la costa ligure ponentina] oltre che potenziato da una postazione d'artiglieria, purtroppo fissa e non quindi in grado di spostare il tiro su eventuali bersagli in movimento o siti fuori del suo raggio d'intervento.
Tre MODERNE BATTERIE DI CANNONI SPAGNOLI DA CAMPAGNA, per un giorno e quasi indisturbate, bombardarono DOLCEACQUA e il CASTELLO: le batterie erano state ben disposte, in modo da sviluppare un micidiale fuoco incrociato.
Esse sparavano dal sito del Convento dolceacquino, ove la colonna era giunta subito, e dalle postazioni, successivamente raggiunte, del monte Bottone e della chiesa di S. Giorgio.
I danni si rivelarono presto ingenti e lo stesso giorno dell'attacco (17 maggio 1744) il Conte Rivara ritenne conveniente arrendersi, visto anche che non solo il forte ma anche molte case venivano colpite e mutilate con perdite umane.
Franco-Spagnoli ed Austro-Sardi si sarebbero poi ripetutamente contesa la base militare del castello di Dolceacqua, in un alternarsi di avanzate e fughe più o meno ragionate in funzione dell'importanza strategica degli itinerari che ad esso conducevano.
Di questo percorso che collegava VENTIMIGLIA con AIROLE E VAL NERVIA e quindi con DOLCEACQUA E LA VALLE DEL NERVIA per immettersi sulla DIRETTRICE NERVINA VERSO L'OLTREGIOGO si valse, seppur a ritroso, durante la guerra di successione al trono imperiale il re piemontese CARLO EMANULELE III.
Passando per Dolceacqua [momentaneamente ripresa] con 2000 soldati il 10 ottobre 1746, osservando i ruderi del castello dal sito del Convento di Nostra Signora della Muta (Mota), mentre appunto prendeva la diramazione per Ventimiglia e la strada del Roia, si rese conto della sua inefficienza (e quindi dell'inutilità di un possibile restauro) contro i moderni cannoni e decise di farlo smantellare come baluardo militare.
Sapeva bene il condottiero piemontese che per la strategia del suo tempo erano necessarie, in quei siti, fortificazioni d'altura, certo meno pittoresche ma più efficienti e che egli fece lestamente realizzare dagli ingegneri di guerra Guibert e Rombò e che furono poi abilmente gestite dal condottiero germanico al servizio dei Savoia barone di Leutrum.[...]
6 commenti:
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Ciao Rob. Ultimanente vado un pò di corsa...devo tornare con calma a leggerti.
RispondiEliminaIntanto ti auguro una serena giornata!
Ogni paese vorrebbe una cittadina come te!
RispondiEliminaAffascina anche a me ogni angolo di storia che rispecchia la nostra terra...
RispondiEliminaVedi... questo tuo scritto mi ha insegnato qualcosa che non conoscevo e te ne sono grata...
Ciao Roberta grazie della visita... buona serata... un abbraccio
"mi sento in dovere di cercare delle risposte riguardo a ciò che i miei occhi quotidianamente ammirano..."
RispondiEliminaLa tua sete di conoscenza (non ti sembri polverosa ed ottocentesca, Rob, questa mia espressione) ti fa davvero onore.
Spesso, infatti, vediamo che tante, troppe persone provano indifferenza per il passato... un passato che comunque ha contribuito a far nascere il presente.
E' quindi un piacere sapere che c'è chi come te va per così dire a caccia del passato, non idealizzandolo ma cercando in esso il suo senso ed in ogni caso, non sottraendosi al fascino che appunto quel passato, contiene...
P.s.: grazie per aver segnalato l'intervista ad Annarita, che non conoscevo.
Buona giornata e buon week-end!
Che luoghi affascinanti!
RispondiEliminaE grazie delle descrizioni che fai, sono così piacevoli da leggere....
:)
Bravissima!
Trapela il tuo amore...
buonissima giornata
azzurra
Rob, lo sai quanto mi affascina tutto ciò che è storia, per cui ti ringrazio di aver dedicato un post alla distruzione del castello di Dolceacqua, di cui non ero a conoscenza.
RispondiEliminaLa storia locale è sempre inserita negli eventi e accadimenti generali, e ne fornisce una chiave di lettura.
Un salutone.
annarita