lunedì 2 novembre 2009
I funerali nella tradizione popolare isolese
In questo giorno dedicato alla commemorazione dei defunti, mi sembra doveroso pubblicare uno scritto di Maria Luisa Saettone , la moglie del nostro compaesano Marino Cassini, che nel 1957, inserì nella sua tesi di laurea una sezione dedicata alle tradizioni di Isolabona, in questo breve pezzo ci racconta le testimonianze raccolte riguardo alla morte e al successivo funerale.
Anche queste notizie fanno parte della nostra cultura storica popolare, sono gesti e usanze che non si usano più, ma come per le altre, non dobbiamo dimenticarle.
In ultimo vorrei solo esprimere un mio piccolo pensiero, oggi è un giorno in cui noi tutti abbiamo pensato anche solo per un attimo a chi non c'è più, l'abbiamo fatto in modo diverso, magari in silenzio, ma lo abbiamo fatto...
[...]
a cura di Maria Luisa Saettone
Una panoramica degli usi e dei costumi della popolazione di Isolabona non può in alcun modo diversificarsi profondamente dagli usi e dai costumi che in passato erano peculiari delle popolazioni della Val Nervia e delle valli limitrofe, per cui, volendo restringere il campo e prendere in esame unicamente il paese di Isolabona è opportuno limitarsi all’esame di quei soli elementi di cui ancora permane una eco nei ricordi dei più anziani, avendo i giovani tagliato ormai quasi totalmente le radici.
E pertanto, nell’illustrare usi e tradizioni ormai scomparse o in via di estinzione, relativi al folklore economico (caccia, pesca, pastorizia, abitazioni, agricoltura ecc.), a quello familiare-sociale e a quello religioso, si farà riferimento solo ai "ricordi degli isolesi", raccolti durante una ricerca sul territorio effettuata alcuni decenni or sono.
Funerali
Ancor oggi è consuetudine avvertire la comunità della morte di un suo componente mediante il suono delle campane, i cui rintocchi variano secondo il sesso; tre brevi serie di rintocchi se il morto è un uomo, due se una donna. Un tempo si usava pure "suonare l'agonia", consistente in brevi rintocchi cadenzati che risuonavano a lungo e duravano finché la persona non fosse morta.
A morte avvenuta il primo atto era quello di aprire le finestre, atto dettato dall'ingenua credenza che l'anima potesse volare via libera, poi le persiane venivano chiuse. Ogni specchio veniva coperto da un drappo per evitare, come scrive Van Gennep, "de laisser le cadavre se reflechir", in quanto l'anima, se morta in stato di grazia, vedendosi bella nello specchio, per un eccesso di narcisismo, non si decidesse a liberarsi dal corpo.
A Isolabona vigeva l'uso di legare con una fettuccia le caviglie del morto e, in tempi assai antichi, di mettere in bocca ad esso una moneta: reminiscenza dell'obolo pagano con cui si voleva che il defunto pagasse il pedaggio per essere traghettato nell'aldilà.
Il Rossi, citando un passo del "Procaccino ligure", a proposito del corteo funebre scrive: "circa le tre del mattino mi pervenne confusamente all'orecchio un lungo e continuato scampanio. Balzato dal letto e aperte le imposte di una finestra che mette su una piazza vidi avanzarsi una lunga processione di battuti che con torchie facea corteo ad un feretro. Lo seguivano femmine in veste bruna, discinte, scarmigliate, coperto il capo di larghi cappellacci, le quali battendosi il petto e le guancie rompevano in acutissimi gridi di dolore. Attorno al defunto poi deposto non in una bara ma sopra un lettuccio e vestito de' migliori suoi abiti, stavano tutti i più prossimi parenti. Non tardai a richiamare in mente le "preficae", i "vespillones", i "lectuli" e le "neniae" dei romani e mi convinsi dei riscontri che nelle usanze funerali si conservavano tuttora".
Di tale uso non ho riscontrato alcuna memoria nei vecchi isolesi intervistati.
Concluderemo segnalando ancora un antico costume isolese. Sino all’inizio del secolo scorso si credeva nel ritorno temporaneo dei morti nel giorno della loro annuale commemorazione. Al mattino i familiari, prima di recarsi in chiesa per la messa, avevano l'avvertenza di mettere lenzuola pulite nei letti, di lasciar in ordine ogni cosa, di preparare sul desco cibi e bevande e di porre un lume acceso in cima alle scale per dar modo al congiunto morto, se fosse ritornato, di rifocillarsi e di riposarsi.[...]
6 commenti:
E' possibile commentare nelle seguenti modalità:
1) Google/Blogger: occorre registrarsi gratuitamente a Google/Blogger.
2) OpenID: ancora in fase beta, consente di commentare utilizzando un account comune ad alcune piattaforme.
3) Nome/URL: basta immettere un nome (nick) ed il proprio indirizzo (se si possiede un sito/blog).
Ho dovuto eliminare la possibilità di commento anonimo per troppi commenti spam.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Letto e apprezzato. M'inteneriscono queste memorie del passato...
RispondiEliminaCiao Roberta
Post molto interessante, mi ha affascinata...
RispondiEliminaEsisteva proprio il culto dei morti.
Ed il futuro sarà questo? http://funeras.it/
RispondiElimina:-(
anche a Castelvittorio c'era e c'è ancora l'usanza di cambiare le lenzuola e lasciare la luce accesa in camera, mentre si va a messa. mia madre è solita farlo sempre, anche se non abita più a Castè.
RispondiEliminaFinalmente sono riuscita ad entrare!
RispondiEliminaprovavo anche ieri ma non riuscivo!
sono una pasticciona!!!!!!
volevo lasciarti un salutone e mi sono letta con interesse il tuo bel post! Sono sempre troppo curiosa delle usanze....
:)
buona serata
azzurra
Robera, sono tornato dopo un "piccolo" periodo di inattività dovuto a questioni di salute (sigh!).
RispondiEliminaQuesto post è davvero interessante, qui da noi in sicilia esistono una serie di usanze relative a questo periodo e la commemorazione dei defunti qui ha un significato tutto particolare...