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E un tempo come facevano?
Ero a conoscenza di un manoscritto digitalizzato su Cultura Barocca, quello Wenzel, che descrive cure da praticare per guarire varie patologie, qui potrai leggere le cure queste si praticavano tra la fine del XVIII secolo e l'inizio del XIX secolo, periodo in cui i mali più temuti erano il colera e la peste.
E a Isolabona come si comportavano?
Nella lunga documentazione redatta da Marino Cassini e da sua moglie Maria Luisa Saettone, vi è un capitolo dedicato alla medicina popolare praticata a Isolabona. Questa documentazione è stata raccolta nel 1957, e nella memoria degli isolesi erano ancore ben radicate queste pratiche che, in alcuni casi, erano pratiche assurde. Anche questa è storia e raccogliere dati su come si curavano i nostri antenati fa parte della nostra cultura popolare che non va dimenticata.
Sto conducendo alcune ricerche sulla Confraria di Santo Spirito di Isolabona, e sfogliando i libri mastro nell'archivio storico del comune, ho letto che la confraria acquistava anche medicinali, la data riportata 1860.....ma questa è un'altra storia.....
Il manoscritto Wenzel da Cultura Barocca
[...]
Al libro-manoscritto (dalla grafia sempre uniforme e di unica mano, salvo che per tre fogli volanti di grafia sempre diversa tra loro e rispetto al testo) si è dato nome WENZEL poiché a guisa di frontespizio vi è stato inserto un foglio volante, delle stesse dimensioni di quelle del registro, recante la dicitura, con grafia diversa sia da quella del testo del manoscritto che della ricetta veterinaria che d'altro foglio ancora,:
"LIBRO DE L'ILL.MO SIGNORE WENZEL TEDESCO
si mettano nel libro anco le Note, da comunicarsi per quando si daranno li ordini, contra li Unguentarii di vie perché non dieno tormento contra la gente di questo nostro luogo del Perinaldo che va con le bestie mulattine in terra foresta, all'oltregioghi e sinanco in Livorno, allora che è tempo delli limoni per li Ebrei ".
Del tedesco Signor WENZEL nulla è dato sapere ed il foglio neppure reca la data: non si può nemmeno scartare l'ipotesi che il foglio fosse stato fornito a titolo di nota da inserire in altro prontuario o libro, magari fornito proprio da un certo Signor WENZEL di cui nulla però rimane negli archivi del comune.
All'analisi il libro-manoscritto è invece sicuramente di autore italiano e di buona cultura scientifica, quasi senza ombra di dubbio un medico costantemente aggiornantesi sulle nuove procedure terapeutiche quanto sull'evoluzione della legislazione in materia igienico sanitaria (oltre che, specificatamente, documentato sulla malattia più temuta del primissimo Ottocento, cioè il colera): e per intendere ciò basta compulsare l'indice delle voci e leggere le varie parti del testo.
Da vaghi segnali lasciati dall'anonimo estensore del manoscritto sarebbe da pensare proprio al medico fisco operante a Perinaldo, tra fine XVIII e primi XIX secolo: di cui è stato suggerito un cognome GIBELLI ed uno stato di lontana parentele con il futuro storico intemelio Girolamo Rossi: del lavoro -di proprietà privata- si custodisce una riproduzione elettronica presso il "MUSEO DELLA CANZONE DI VALLECROSIA".[...]
Medicina popolare antica
Di Marino Cassini e Maria Luisa Saettone
La farmacopea moderna ha, lentamente, finito per "uccidere" tutti quei mezzi empirici di cui la popolazione si è avvalsa per far fronte ai mali del corpo. Poco è rimasto se non quelle cure a base di erbe che, pur non essendo troppo ortodosse, possono venir accettate in base ai dettami della Scuola salernitana. A sparire totalmente sono stati quei metodi tanto strani assurdi e spesso contrari ad ogni norma igienica che ci si chiede se non sia stata una mente malata a idearli.
Si è, comunque, tramandato il ricordo di alcune cure che, per amor di cronaca, è interessante ricordare.
Di due di esse, come osserva L.T. Belgrano, negli Atti della Società Ligure di Storia Patria (vol. XIX, p.645), si trova traccia persino in un codice genovese di medicina e scienze occulte. Si tratta del modo di resistere al dolore. Il primo recita: "Accipe lac mulieris, videlicet matris et filiae dictae matris, et isti duo lactes simul miscantur deinde dentur in potu antequam accedat ad turmentum: et non timebit". Una ben strana medicina da somministrare a coloro che stavano per essere torturati!
Il secondo serviva nelle prove ordeali. G.Rossi riferisce che anche in Val Nervia un accusato poteva dimostrare la sua innocenza in un modo semplice: afferrando con una mano un ferro rovente. Se il ferro non lasciava traccia era libero; in caso contrario doveva subire la pena. Ebbene, per superare tale prova, si legge nel manoscritto genovese, "accipe sucum mircoyrolle [specie di euphorbia] et unge cum eo manus tuas optime et accipe ferrum in manum et non nocebit".
Dagli atti del notaio De Amandolesio, citati da N. Peitavino nel suo libro Intemelio (p.140) ricaviamo due altri sistemi curativi che servivano l'uno ad attutire i dolori del parto e a preservare la puerpera dalla morte; l'altro ad arrestare un flusso di sangue.
Per il primo si doveva scrivere sopra un pezzo di carte il noto quadrato magico
S A T O R
A R E P O
T E N E T
O P E R A
R O T A S
Bastava legare il foglio alla coscia destra della partoriente e l'effetto era sicuro.
Per il secondo rimedio occorreva una gallina che non facesse uova e dalle ali si faceva uscir sangue con cui scrivere sul polso e sul capo dell'ammalato, mediante una fraschetta di ulivo benedetto, le seguenti parole "Consumatum est".
Il suddetto sistema con la gallina, un po' variato, serviva anche come rimedio contro le cadute. Si prendeva un gallo, gli si tagliava un pezzettino di cresta, si raccoglieva in un cucchiaio il sangue zampillato che, ancora caldo, si somministrava al paziente. L'operazione si ripeteva per diversi giorni. Quando il gallo non aveva più cresta, l'ammalato era guarito,
Altro metodo in uso a Isolabona era quello di porre sopra una ferita aperta una ragnatela per fermare il sangue. Ho visto una vecchia metterlo in atto per un taglio alla mano. Un paio di giorni appresso la ferita si era cicatrizzata.
Altri sistemi.
- Contro i vermi si faceva odorare ai bambini un tipo speciale di erba rua (Ruta graveolens) dell'aglio pesto; oppure si metteva loro al collo una collana fatta con spicchi d'aglio; o ancora si faceva loro bere un cucchiaio di succo di erba caramandrina
- Contro gli orecchioni esisteva un curioso sistema. Si prendeva un grosso sacco sporco internamente di farina, vi si introduceva la testa del bimbo e si agitava il sacco; a cura terminata, il sacco veniva buttato giù dalle scale.
- Per guarire u mää du grupu" (difterite) si faceva bere al paziente un disgustoso intruglio composto di urina, limone spremuto, vino bianco moscatello e olio.
- Per il mal di denti bastava applicare sulla guancia dolorante un impasto di lumache o meglio ancora di durmigluse , piccoli insetti fasciati da un tegumento chitinoso i quali, appena toccati si appallottolano come ricci).
- Oppure si pestava aglio e lo si applicava sul polso opposto alla guancia dolorante. Il mal di denti dopo alcune ore passava. Il contadino che mi spiegò il sistema mi fece pure vedere il suo polso su cui, a distanza di anni, si notava ancora la pelle bruciata dai solfuri contenuti nel succo dell'aglio.
- Per guarire le risipole si poneva su di esse una moneta e poi con un coltello o un anello benedetto si facevano piccoli segni segni attorno alla moneta, recitando contemporaneamente il "Confiteor".
- Per accelerare un processo infiammatorio occorreva porre sulla parte malata dello sterco di vacca.
- Le ecchimosi guariscono se su di esse si applica un impiastro composto di sängure spargure (Parietaria officinalis), föglie de levantùn" (Verbascum thapsus) e aceto.
- Per accelerare lo sviluppo della rosolìa il fanciullo veniva avvolto in un drappo rosso.
- Per guarire u russignö (crampo alla mano) era d'uopo legare al polso un filo di lana rossa.
- Per mali interni era consigliato di inghiottire lumache vive (bagiäire).
Per quanto esistessero altri sistemi empirici, mi limiterò a citare ancora quelli riportati da Dino Taggiasco nel suo libro Bordighera e uno raccolto dalla viva voce del guaritore che, ancora cinquant'anni fa lo metteva in atto.
Racconta il Taggiasco che i colpi di sole "si guarivano da comari specializzate alle quali occorreva comunicare preventivamente il nome del sofferente. La comare faceva bollire mezzo pignatino d'acqua e vi metteva dentro tre grani di sale da cucina, accompagnando ognuno con tre Ave Maria e diversi Oremus; poi capovolgeva il pignattino in un piatto. Dopo 36 ore lo toglieva con la mano sinistra. L'aria esterna, occupando il vuoto, emetteva naturalmente un piccolo sparo, il cosiddetto "petu". Dalla forza del "petu" la comare giudicava se la persona - indubbiamente guarita - poteva avere o meno conseguenze gravi".
Altro sistema consisteva nel porre sulla testa dell'ammalato un asciugamani bianco, piegato più volte, e su questo veniva posto rovesciato un bicchiere pieno a metà d'acqua. Nell'acqua si formavano bollicine che salivano in superficie, tanto da dare l'idea che il liquido bollisse. Dopo una diecina di minuti il colpo di sole spariva.
Sempre al Taggiasco dobbiamo il ricordo di questa cura per bambini effettuata da una donna di Ospedaletti. "La Cumà faceva alcuni segni di croce sulle mammelle della madre e sul capo del piccino. Poi appendeva al collo di questo un sacchetto con tre, sei oppure nove grani di sale da cucina, a seconda della gravità del male, ed ordinava un 'caffè ' fatto con ossi di pesco abbrustoliti, qualunque fosse la malattia, anche se il piccino avesse avuto putacaso un'unghia incarnata od un foruncolo su un piede."
L'ultimo sistema empirico per curare malattie comuni era la "misurazione dello stomaco", cui ho personalmente assistito. Nella valle vi era una sola persona capace di effettuarlo, un certo signor Battista C. di Isolabona.
Quando uno accusava sovente mal di stomaco veniva curato nel seguente modo: lo pseudo medico prendeva uno spago lungo tre volte la distanza che andava dal suo gomito alla punta del suo dito medio. Detto spago lo si consegnava al paziente affinché lo tenesse premuto sul petto. Poi con esso eseguiva per tre volte la stessa misurazione sul paziente. Se le tre misurazioni erano esatte il male era di poco conto e di sollecita guarigione. Se, invece, lo spago non bastava o ne avanzava, significava che lo stomaco si era abbassato o rialzato della stessa lunghezza dello spago che mancava o che cresceva. In tal caso bisognava replicare per tre giorni le misurazioni affinché lo stomaco andasse alla giusta altezza.
Dopo aver letto tutti i "rimedi" di una volta devo dire che sono molto contento di essere nato in quest'epoca :-)
RispondiEliminaOra è più semplice usare i farmaci per alcuni versi. Ma è SEMPRE più salutare?
RispondiEliminanon si può non sorridere! penso a tutta quella gente che sarà passata a miglior vita, grazie a questi rimedi! ci credevano, non avevano cultura e non c'erano medicine...ciò che mi stupisce è che ora ci siano ancora persone credulone che si affidano ai cosiddetti "santoni" che praticano cure simili...
RispondiEliminainteressantissimo...grazie :)
RispondiEliminaVenivano chiamati i "rimedi della nonna", e funzionavano pure!
RispondiEliminaOgi ci conviene curarci da soli, anche le nonne di una volta non ci sono più...
Un caro saluto.
Originale, Rob! Quello dell'impiastro di aglio per i vermi lo conoscevo. In campagna è un rimedio ancora usato da queste parti.
RispondiEliminaAlcuni rimedi che hai riportato sono veramente agghiaccianti!!!
Brrr!